--

 

Amleto Sommaruga, l’Intervista



Ragazzi non avete idea di quanto fossi emozionato al pensiero di questo incontro, eppure nella mia vita di giornalista di interviste ne avevo fatte molte, da Senna al Presidente Leone, da Alex Zanardi (grande eroe tra l’altro) al Primo Ministro del Canada… per vincere l’impatto con la personalità mi dicevo.. “quando adiamo al cesso siamo uguali”…
ma con Amleto Sommaruga … tutto era così diverso, nemmeno nel cesso eravamo uguali, e guarda caso, alla fine dell’intervista, quando mi spiegò la difficile tecnica e manovra da farsi per l’uso del gabinetto su un Sommergibile Atlantico… mi venne da sorridere.
Abitiamo a nemmeno due chilometri di distanza in linea d’aria, ci separa dell’acqua, l’immenso fiume San Lorenzo, infatti lui abita su un’isola collegata da un ponte alla terra ferma, l’ile de Soeur, l’isola delle suore, e io dall’altra parte del fiume.
Mi accoglie con sua moglie che subito mi spiega che a causa di una ferita di guerra (il Finzi era finito su una mina) il nostro Sergente è quasi sordo (tra l’altro invalidità che ancora il Governo non gli riconosce e per questo anche lui Eroe senza Gloria) e per ben comunicare deve avere una buona visione del mio viso, del mio movimento labiale… così certamente si è subito reso conto della mia faccia rossa, della mia timidezza nei suoi confronti…. Delle mie labbra che tremano, ragazzi non esagero, e soprattutto della commozione che i miei occhi rivelano.
Ma tutto questo dura poco, un caffè espresso fatto alla perfezione dalla sua consorte, la signora Maria.Abbiamo parlato a lungo, tranquillamente seduti nel suo soggiorno che si affaccia sul Fiume St.Lorenzo, molto spazioso in quel tratto e che lui dice, che gli fa pensare spesso al mare... di Milano, è stato imbarcato in totale su 6 sommergibili, tra i quali anche il Da Vinci, tra i suoi comandanti ha avuto sia il Comandante Mario Rossetto che Amendolia.... ha una memoria di ferro e dice che ancora oggi sarebbe capace di ricordarsi tutti i comandi allora necessari per svolgere le sue mansioni di elettricista... e si ricorda anche bene di tanti avvenimenti che hanno marcato il suo periodo di imbarco, l'amicizia con i suoi amici marinai, i pochi rimasti, che uno alla volta, salpano per raggiungere il grande porto, dove gli altri li hanno preceduti, altri che lui ricorda con molto affetto e commozione. Mentre lui mi fà vedere dei quadri e delle foto, la sua forte disponibilità a comunicare e la sua incredibile modestia, mi fanno sentire a mio agio, così apro il blocchetto sul quale ho trascritto le vostre domande, apro il registratore e di fronte ad una bella finestra che inquadra il fiume, così largo in quella curva, che lui lo chiama “lago” iniziamo la nostra chiacchierata…


L’intervista

Cosa lo spinse a diventare sommergibilista?

Mi trovai in Marina ma non ero un “mangiabrunose”, ovvero non avevo il nodo Savoia sulla manica, come i volontari, e praticamente andavo a scuola di elettrotecnica, il diploma non l’ho mai preso, perché poi è venuta la guerra e “buona notte ai sonatori”.
In pratica tutti quelli del nostro corso della scuola Elettrotecnica a Milano, fummo destinati nella Regia Marina. Perciò mi sono trovato in Marina, non volontario, e un bel momento per ragioni “X” mi sono trovato sui sommergibili ed io ho avuto la grande fortuna, perché l’ultima missione è andata a male, perché siamo partiti per il Giappone… metà equipaggio comunque, perché i “lavativi” li hanno tenuti sul battello grande, era una battello lungo 92 metri di 2000 tonnellate, poteva andare nell’Oceano Indiano senza far rifornimento, l’altra metà l’hanno mandata a Gotenhafen, a prendere in consegna i dieci sommergibili U-boat che i tedeschi ci avevano dato, e qui vede la lista dei sommergibili e dei loro comandanti…, (NdA sta leggendo Aria alla Rapida, al mio rientro, mi darà tutti i numeri di Aria alla Rapida per fare fotocopie, per trascrivere qui nel Forum, i suoi interventi e altri articoli interessantissimi che mi ha fatto vedere)… però, dopo all’8 settembre, i tedeschi si son ben guardati di darglieli, e quegli equipaggi sono rimasti la, collaboratori o meno, questo io non lo so. Mentre io, come dicevo, ho avuto la gran fortuna, diciamola “fortuna”, che siamo stati colpiti al largo delle Azzorre dai Sunderlands, perché eravamo arrivati ad un periodo che non si poteva più navigare di giorno in superficie, si poteva navigare in superficie solo di notte, di giorno si stava sotto… eravamo tanto appesantiti dal carico, perché avevamo un carico particolare speciale con ufficiali tedeschi che controllavano, probabilmente erano cose necessarie per alimentare certi programmi bellici in Giappone, e eravamo molto appesantiti… i Sunderlands ci hanno colpito, ci hanno sfondato i “bottazzi” , usciva la nafta e allora non si poteva più continuare con questa nafta che usciva e che diventava una scia di riferimento e siamo ritornati a Bordeaux, e a Bordeaux siamo saltati su una mina e si salvi chi può, ho avuto una lesione cranica, mi ha colpito le orecchie, è fuoriuscito del sangue, i timpani forati, e progressivamente il problema pian piano è aumentato e ora mi trovo con questa sordità, comunque da li abbiamo salvato la pelle, se no avremmo fatto la fine del Giuliani e quei battelli che sono arrivati a Singapore e che poi l’anno pagata cara… e siamo ancora qui..


Come erano i rapporti tra marinai e comandante?

Ottimi… non dimentichiamoci che c’era quel senso del dovere , che era innato in noi, non c’era bisogno che un comandante ci desse un ordine o ci dicesse “questo è un ordine”… è normale che si facesse… “Metti i motori elettrici a 300 giri” non potevo mettermi a discutere , li era il fatto, aveva chiesto 300 e 300 davo… ecco perché si era “riottosi” perché quando si era a terra ce ne guardavamo bene dal salutare il tizio, il caio o il sempronio… tra l’altro eravamo fieri di noi stessi e ce infischiavamo di tutti … l’unica cosa che mi ha dato fastidio alla fine della guerra, dopo un bel po’, di sapere che i sommergibilisti tedeschi avevano una rancio unico, ufficiali e equipaggio, noi avevamo due ranci, gli ufficiali mangiavano il prosciutto e noi avevamo la pancetta arancida dentro le scatole, mi ricorda un po’ Rommel, che quando arrivò in Africa e ha visto che gli italiani mangiavano in tre mense, e Rommel a un certo punto si indignò, “siamo sulla linea del fronte e questi fanno tre mense… ma i soldati devono mangiare tutti uguale.”
Comunque a bordo i rapporti tra marinai e comandante erano fraterni, il comandante non aveva bisogno di mettersi il berretto con i gradi… erano fraterni, perché non c’era bisogno di dare del tu, ed era ovvio che si dava del lei, si diceva “Signor Comandante…” però non c’era bisogno, non c’era distanza, o alterigia, come quando si è in caserma, no, il comandante, il secondo ufficiale e tutti gli altri si sarebbero ben guardati dal dirci “sei un cretino”.. come si usa nell’Esercito, no assolutamente non c’era bisogno, perché sapevamo che lui doveva agire così, non c’era nulla da fare, quando si era a terra era tutta un’altra cosa. E siccome a bordo ci siamo rimasti per 92 giorni, non un giorno, in 92 giorni non si può disprezzare un individuo…


Chi sono stati i suoi comandanti?

Bè uno Di Giacomo, uno Amendolia, e uno Mario Rossetto che se va in Italia , perché qui non si trova, può trovare il libro che lui recentemente ha pubblicato: “Missione non attaccare” , quella missione che aveva ordine di non attaccare perché doveva rifornire i sommergibili italiani e a lungo raggio…

I miei amici del Forum Betasom mi avevano chiesto di chiederle se lei avesse conosciuto i Comandanti Amendolia e Rosetto… che affondò il Granicos

Ma davvero?.. ma le sapete tutte allora…

Lei ha un diario?

Il vero Diario è scritto su un brogliaccio a mano, poi l ho battuto a macchina, l’avevo dimenticato e per 40 anni l’avevo lasciato lì, poi avevo letto sul Corriere della Sera un necrologio, che era morto un certo signor Cicchi, Ingegner Cicchi e allora ho preso la guida telefonica per trovare l’indirizzo e ho telefonato per fare le condoglianze, questo era ingegnere di macchina imbarcato sui sommergibili, e allora poi andai a casa sua, e il nipotino disse che era appassionato e che quando sarebbe stato grande avrebbe voluto andare in Marina, così dopo più di 40 anni, copiai il mio diario per questo ragazzino di 11 anni, non per trasmettergli la passione del mare, ma per ricordare suo nonno, ora defunto, con il quale divisi gli stessi rischi e gli stessi sacrifici… lui era Direttore di Macchina sul Finzi, io sottocapo elettricista… e guardi che l’elettricista di bordo è la”signorina di bordo”. Non ho tolto una virgola e non ho cambiato una parola… e scrissi: “quello che ho scritto su un brogliaccio di bordo, qui è riportato.. e qui, gliene do una copia, leggerà i movimenti e ogni cosa feci in quei giorni…