Guglielmo Lepre

(nick GRUPSOM - C.te ETNA)

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L’IMPEGNO NAVALE ITALIANO IN A.O.I.
 


 La guerra del Cloruro di Metile

 

Il 5 Maggio 1936 alle ore 1600, Sua Eccellenza il Maresciallo Badoglio entrava in Addis Abeba,concludendo virtualmente la “Guerra d’Etiopia”: il 9 Maggio a Dire Daua,si
congiungeva la colonna etiopica con quella somala. Le operazioni militari sarebbero ancora proseguite per eliminare le ultime sacche di resistenza nell’interno,ma ormai l’obbiettivo principale era stato raggiunto.
Più che da reali interessi economici,la conquista di quella terra arida,montuosa,inospitale, era stata dettata da esigenze in prevalenza strategiche : era necessario “coprire le spalle” all’Eritrea e alla Somalia Italiana, creando uno scenario dove impegnare le truppe avversarie e tenerle lontane quanto più a lungo possibile dai possedimenti.
Va da se che questi concetti strategici oltre che a riferirsi a standard della grande guerra, erano improntati a mero difensivismo,giacchè tutti i possedimenti restavano comunque circondati da territori in mani britanniche. La questione etiopica aveva senso soltanto se accorpata ,teoricamente, alle pretese coloniali
reclamate dal regime prima della guerra,che vedevano il tricolore sventolare in Egitto,Sudan,Ciad,
Somalia britannica e il territorio di Djibouti. Davvero poco realistiche infine considerando l’ingordigia inglese non meno rapace di quella del governo di Roma.

Dal punto di vista strategico,le colonie italiane risultavano isolate ed irrangiungibili,posto che ambedue le chiavi d’accesso al Mediterraneo erano nelle tasche inglesi e va da sè che il destino di quelle terre sarebbe stato comunque segnato.


Una maggior consistenza militare in termini di uomini,mezzi e navi,avrebbe potuto ottenere fatalmente  di tagliare fuori l’Inghilterra dalle comunicazioni marittime via Mar Rosso : nella circolare del Vicerè,la nr.2281 del 15 Maggio 1939,fra l’altro v’era citato.........«.....che l’impero deve fronteggiare qualsiasi situazione facendo assegnamento soltanto sulle proprie forze e sui propri mezzi...........»................e con ciò era chiaro quale futuro realisticamente fosse leggittimo prefigurarsi.
Il 27 Marzo 41 cadde la piazzaforte di Cheren,l’8 Aprile cadde Massaua,il 19 Maggio cadde il ridotto dell’Amba Alagi e l’ultima a cadere fu Gondar. Per molti mesi ancora si ebbero isolati casi di guerriglia da parte delle residue forze italiane che alla fine dovettero cedere le armi.
In una delle sue opere,La Guerra d’Etiopia (Mondadori 1936),Badoglio scriveva :
..........” E’ stata una guerra dalla cui esperienza potranno essere tratti grandi ammaestramenti per la condotta delle guerre future,siano esse coloniali o non “.........................e ancora,nelle fasi
conclusive :...............”E’ la razza che ha saputo trionfare su ogni difficoltà,su ogni pericolo,su
ogni sacrificio,confermando ancora una volta al mondo intero—ammirato se pur avverso—
il nostro diritto ai più alti destini. I combattenti d’Italia,provati nella grande guerra,riprovati in
questa grande impresa,sono oggi a nessuno secondi. Con questi soldati,l’Italia può tanto osare...”
Non mancarono nel seguito,altre dichiarazioni la cui valenza è indubbiamente giustificativa, rimarcando che l’improvvisazione di quella guerra,era una diretta prova che la stessa non era stata preventivata e rigettava qualsiasi accusa di politica di aggressione.  Nonostante l’improvvisato impegno militare,questi alla fine andava a maggior merito delle truppe combattenti uscite vittoriose. Ma le guerre non si vincono con la retorica,anzi,SI VIS PACEM PARA BELLUM,ci hanno lasciato in eredità i Latini,ed è quanto fecero i responsabili in AOI molto più pragmatici dei cosiddetti conquistatori dai bianchi destrieri.

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