Mario Maffezzoni - addetto alla Torre nr.3 del Trieste
Si tratta di una testimonianza inedita e voglio concedere l’esclusiva a tutti gli amici del forum.
Il nome di questo sottocapo cannoniere armaiolo , addetto alla torre nr.3 del Trieste è Mario Maffezzoni, classe 1922, all’epoca ha solo 21 anni:
“Siamo al 10 aprile 1943. Dopo il rancio del mezzogiorno ognuno torna alle proprie occupazioni abituali. La metà dell’equipaggio è al suo posto stabilito di guardia o di manovra e l’altra metà alle sue occupazioni libere: lettura, pulizia del vestiario, hobbies o giochi con gli amici. Sono passate da poco le 14, quando dai citofoni arrivano i primi squilli di tromba, laceranti, che chiamano ai posti di combattimento e, nello stesso istante degli squilli di tromba, fanno eco i fragorosi colpi delle bombe aeree che scoppiano a bordo e nel mare vicino alle fiancate. Lo scafo sobbalza paurosamente. Le luci si spengono facendo rimanere nel buio e senza energia elettrica tutta la nave. Inizia il via vai di marinai che corrono in ogni direzione in una confusione indescrivibile. Molti raggiungono i loro posti di combattimento senza potere usare le armi. La nave, già colpita da alcune bombe sul lato destro che provocano immensa falle nello scafo, con numerosi morti e feriti. Io salgo frettolosamente la scala che porta in coperta per prendere posto, come capo al pezzo, alla coppia di cannoni da 100/47. Mentre esco all’aperto dal boccaporto, dallo stesso entrano a flutti, giù per le scale di ferro, torrenti d’acqua di mare mista a nafta. Sono vicino al complesso dei cannoni quando un ordine perentorio di un ufficiale, vieta il caricamento dei cannoni, essendosi spostata la base imbullonata del pesante complesso da non permettere quindi un normale uso delle armi. In cielo, molto alto, defilano , ben allineate, le numerose fortezze volanti americane B 17 quadrimotori, che giunti a perpendicolo della nave scaricano il loro micidiale carico di bombe dirompenti da 1000 Kg. E’ un inferno di fuoco, scoppi con piogge di schegge arroventate lanciate come proiettili tutt’intorno. In quel momento mi trovo riparato dietro le lamiere di protezione del complesso armiero. Vicino a me ci sono altri marinai. Ad un tratto sento una fitta dolorosa all’omero del braccio destro e subito un gran dolore invadermi come se fosse fuoco. Il sangue esce a flutti dalla ferita, il braccio mi pende inerte. L’emorragia viene fermata dal solerte intervento dell’ufficiale di guardia che, levatasi la sciarpa azzurra dalla spalla, la usa legandomi stretto ilo braccio (un pezzo di qual tessuto ce l’ho ancora a casa). Davanti ame ho il corpo di un marinaio amico, senza più il capo, staccato di netto da una scheggia di ferro. Corpi di altri marinai galleggiano nell’acqua attorno alla nave, ormai senza vita. Un altro corre saltando su una sola gamba, tenendosi l’altra ormai inerte e a penzoloni, unita solo da un lembo di pelle che il soccorritore taglia con un coltello fasciando con una cintura il moncherino rimasto. A bordo è una carneficina, i sostegni e la plancia Comando sono divelti e paurosamente penzolanti nel vuoto. La parte destra della nave squarciata in più parti dalle bombe. Gente che corre per ogni dove cercando aiuto per sé o per aiutare un compagno chiuso nei reparti sotto coperta. La nave sta affondando lentamente nelle acque fredde della baia. Si piega lentamente sul lato destro, sembra voglia lanciare il tempo ai superstiti di salire a bordo dei mezzi di soccorso che arrivano numerosi dal porto di La Maddalena. Vengo accompagnato all’ospedale militare della cittadina, anche questo disastrato dalle bombe cadute sul porto e sull’Arsenale. Si saprà poi che anche l’incrociatore Gorizia, alla fonda dietro l’isola di Caprera è stato colpito dalle bombe senza però essere affondato ma con numerosi morti e feriti.”Onori a Loro
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