Ricerche e Sviluppo di Nadia Roattino
(C.te Perla - Grupsom)
Le navi asilo (successivamente denominate Navi Scuola Marinaretti) traggono origine da un singolare esperimento educativo attuato in Italia durante tutto l’arco del XX° sec. e che riscuoterà attenzione e ammirazione da parte di studiosi e esperti di tutti i paesi del mondo.
L’esperimento trae ispirazione dalle cosiddette training ships inglesi, una realtà fin dal 1850, e che ispirerà esperimenti analoghi in tutti gli stati d’Europa e persino in Giappone.
Esse provvederanno al ricovero ed all’educazione, su navi radiate e adattate allo scopo, di ragazzi, prevalentemente orfani di marinai e pescatori, ed in genere a fanciulli moralmente e materialmente abbandonati.
Esse svolgevano la propria attività nella provincia dove ciascuna nave era ancorata estendendo la propria attività alle province prossime non provviste di nave, mediante le cosiddette “navi a terra”, chiamate anche “orfanotrofi marittimi”.
Il primo esperimento di questo tipo in Italia fu la Nave-Officina “Garaventa” di Genova, attiva fin dal 1883, dove venivano accolti giovani in stato di disagio morale e materiale, (o che avevano già scontato pene carcerarie), al fine di operare il loro reinserimento nella società e nel mondo del lavoro.
Poi, nel 1904, fu la volta di nave “Scilla”, concessa alla “Società Regionale di Pesca ed Acquicoltura dell’Alto Adriatico” per istituirvi un asilo per gli orfani dei pescatori, affinché potessero apprendere la professione paterna ed i primi rudimenti della marineria.
Nel 1911 lo stato donerà invece gratuitamente alla città di Napoli, la vecchia ed ormai radiata nave “Caracciolo”, con lo scopo di accogliervi, allevarvi ed istruire nella professione marittima, gli orfani dei marinai e l’infanzia abbandonata di quella città.
I risultati non si fecero si fecero attendere, e presto a Bari arriverà nave “Eridano”, che diventerà la più grande delle navi asilo italiane, e raccoglierà orfani di marinai di tutto il basso Adriatico, arrivando ad avere fino a 300 allievi.
In questo periodo iniziale, pur finanziandosi con i soli contributi della beneficenza individuale, le navi asilo riuscivano comunque ad assolvere il loro scopo primario, che era quello di tenere lontano dalla strada e dai suoi pericoli i figli dei marinai.
Ma il loro intento era formativo ed educativo oltre che assistenziale: infatti a quell’epoca mancavano quasi completamente in Italia scuole ad indirizzo nautico, che potessero fornire ai ragazzi gli elementi di base tali da renderli idonei all’ammissione alle Regie Scuole Mozzi, (o nella Marina Mercantile), per cui era assolutamente necessario che lo stato intervenisse ad integrare lo sforzo dei benefattori, provvedendo a regolamentare l’istituzione, nonché a sovvenzionarla con adeguate risorse finanziarie.
Finalmente, nel luglio del 1911, sarà emanata la prima legge che disciplinerà in modo organico la materia ed istituirà l’”Opera Nazionale di Patronato per le Navi Asilo”, anche se solo con il Regio Decreto n° 159 del 1925, la stessa verrà regolamentata in modo definitivo
Il metodo educativo applicato sulle navi scuola, mirato al recupero e all’integrazione, poneva l’accento sul valore della dignità legata al lavoro, agli affetti ed alla solidarietà. I ragazzi erano considerati e conosciuti nella loro individualità, rispettati ed incoraggiati nei propri bisogni e tendenze, di modo che il loro sviluppo fosse il più possibile armonico e completo.
I ragazzi erano ammessi a bordo generalmente tra gli otto e i quindici anni di età (successivamente il limite di età sarà aumentato a dodici anni per l’ammissione ed a diciotto per lo sbarco),
L’istituzione era diretta da ex ufficiali di marina, il che permetteva di fornire ai ragazzi un primo inquadramento militare, mentre l’istruzione professionale era curata da ex sottufficiali e quella elementare da insegnanti civili.
Gli allievi dopo aver ultimato i corsi di addestramento nelle scuole interne della nave, avevano acquisito le conoscenze di base che permettevano loro di venire ammessi alla Regia Scuola Mozzi.
I ragazzi potevano eccezionalmente essere sbarcati con anticipo sul limite di età previsto, qualora avessero dimostrato particolari inclinazioni o attitudini che ne potessero permettere l’imbarco anticipato su unità militari o mercantili.
Inoltre coloro che, con il loro lavoro avessero contribuito “all’esercizio di industrie” della nave o a terra, erano chiamati ad una compartecipazione agli utili derivanti dall’attività, nella misura di un decimo degli introiti lordi. Queste quote venivano depositate mensilmente su un libretto postale individuale che veniva consegnato agli allievi al termine dell’imbarco; cosa questa estremamente importante nonché di alto valore educativo, perché permetteva ai ragazzi di iniziare un nuovo periodo della loro vita con alle spalle un piccolo gruzzolo, onestamente guadagnato con il frutto del proprio lavoro.
Alla fine dell'anno scolastico, all’allievo spettava un periodo di licenza ordinaria che poteva variare da un minimo di 15 giorni a massimo di un mese.
Ogni nave aveva il suo consiglio di amministrazione, e si trattava quindi di vere e proprie scuole organizzate, gestite e controllate come le scuole statali.
Il numero dei ragazzi accolti veniva determinato di anno in anno, in sede di bilancio, dal consiglio di amministrazione stesso ed in base alle condizioni economiche dell'ente ed alla capacità della nave. Era inoltre facoltà del consiglio deliberare sulle questioni disciplinari che potevano arrivare fino all’espulsione permanente di quegli allievi che, per perdurante cattiva condotta, risultassero nocivi alla serena educazione dei compagni e la buona disciplina dell’istituto.
Il personale direttivo era scelto tra gli ufficiali in congedo della Regia Marina,così come il personale subalterno veniva scelto tra gli ex militari di truppa o invalidi di guerra.
A bordo si provvedeva anche all’istruzione elementare degli allievi; e se se ciò per vari motivi non fosse stato possibile si provvedeva a far si che i ragazzi frequentassero regolarmente le locali scuole comunali.
Con avvento del fascismo, nei primi anni ’20 del secolo scorso, le navi scuola entrarono a far parte dell’Opera Nazionale Balilla, che ne incamerò tutto il patrimonio mobiliare ed immobiliare comprese le navi: nacque lo SPEM, (Scuola per Pescatori e Marinaretti) e poi ci fu la guerra……
Ma alcune di queste navi sopravvissero fin quasi ad arrivare ai giorni nostri.
Posterò in seguito la storia di ogni singola nave, ma prima ecco solo un breve accenno riguardante l’evoluzione delle “navi a terra”, dove si applicava in tutto e per tutto il regolamento della nave asilo e dove potevano essere accolti bambini di età anche inferiore agli otto anni esse saranno regolamentate dal 1917 quando verrà costituito, come associazione di fatto, il “Consorzio delle Scuole Professionali per la Maestranza Marittima” che successivamente divenne l’ENEM (Ente Nazionale Per l’educazione Marinara) stabilito con RD. 24 luglio 1936. L’ENEM poteva istituire e gestire convitti navali, che sorgendo in centri marinari di particolare importanza dessero la possibilità di prepararsi alle carriere del mare a convittori anche esterni, privilegiando però gli orfani dei marinai.
Con successive normative, le possibilità offerte dalle scuole marinare saranno via via ampliate; divenne possibile per gli allievi presentarsi agli esami di stato per le Capitanerie di Porto prima di aver compiuto l’età e gli anni di navigazione prescritti; gli allievi provenienti da queste scuole venivano agevolati nell’arruolamento nel CREM, che dava ad essi la precedenza su altri aspiranti. Fra i requisiti richiesti per il conseguimento del grado di motorista navale di I°grado era il possesso della licenza di “scuola professionale marittima”
Le scuole crebbero in modo esponenziale nel giro di un decennio, fino ad arrivare ad un numero totale di 33, istituite nei più importanti centri marittimi d’Italia e saranno le “antenate” degli attuali Istituti Nautici......
Grupsom - Sommergibili Mediterranei