Guglielmo Lepre
(nick GRUPSOM - C.te ETNA)
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Presenta
DON’T GIVE UP THE SHIP
Fu l’ultimo ordine del morente e giovane comandante della USS Chesapeake,J.Lawrance, della neonata marina americana a vela ; parole che ancora oggi riecheggiano fra i ponti delle navi americane.
Per il Regio Sommergibile GALILEI,purtroppo e sciaguratamente,le cose non andarono così,dacchè
la sua vicenda fu contrassegnata da una doppia iattura : quella di elevate perdite umane e quella di aver
lasciato catturare battello,cifrari e quant’altro. Il Capitano di Corvetta Nardi,partì con il suo battello anch’esso nella giornata del 10 Giugno, con la consegna di pattugliare la zona di Aden,munita base inglese,e di sicuro la più pericolosa.
Attraversato Bab el Mandeb il 12,il Galilei giunse in zona d’agguato il giorno stesso rimanendovi
fino al 18,dopo aver affondato due giorni prima la petroliera norvegese James Stove,al cui equipaggio,
cavallerescamente,il Comandante aveva lasciato il tempo di porsi in salvo sulle lance.
Nonostante che l’incendio ed il fumo fossero visibili dalla costa yemenita,gli inglesi non si avvidero
di nulla,lasciando che l’unità italiana continuasse indisturbata il suo pattugliamento. Il fatidico giorno 18,avvistata una nave che risultò poi essere la jugoslava DRAVA,fu intimato l’alt con un colpo di cannone ; alla successiva verifica,il Comandante Nardi fu costretto a lasciar andare la nave ; ma questa volta,la cannonata fu udita da una delle unità adibite alla sorveglianza foranea di Aden.
Scattato l’allarme,la RAF inviò prima un caccia e subito dopo un bombardiere che giunto in zona
alle 16.30 prese immediatamente caccia.
Ma il Galilei nel frattempo si era immerso riuscendo a sottrarsi alla reazione nemica,senza per questo
che il Nardi fosse indotto a mutare i piani.
Come previsto dalle regole,al far del buio,il battello emerse per ricaricare le esauste batterie,e mentre
erano in corso tali operazioni, accadde di avvistare una formazione nemica e senza indugio fu deciso
per l’attacco. Ma la fortuna aveva voltato le spalle al valoroso Galilei che fu avvistato e costretto
all’immersione.Pur subendo una caccia determinata e caparbia,il battello riescì a venirne fuori
indenne,inducendo il Comandante a posarsi sul fondo a 45 metri,anche per concedere tregua all’esausto equipaggio già sofferente per il mancato funzionamento dell’impianto di condizionamento e qualche
sporadico caso di leggera intossicazione da cloruro.
Verso mezzogiorno,viene reiterato l’attacco all’unità italiana da parte del cacciasommergibili
MOONSTONE proveniente da Aden,i cui apparati d’ascolto e rilevazione funzionavano piuttosto
bene. Ma anche quest’attacco,ancorchè determinato,non fu causa di danni degni di rilievo,per cui
Nardi decise di salire a quota periscopio e dare un’occhiata alla situazione.
Forse una sopravvalutazione dei propri mezzi e delle proprie possibilità,e quindi che l’unità
nemica potesse essere affrontata al cannone ad armi pari,decise per l’emersione.
Armati entrambi i pezzi in coperta,ben presto si dovette puntare ad occhio con quello prodiero,con
il puntatore in avaria, mentre quello di poppa non riusciva a centrare nemmeno una salva sul Moonstone.
Dopo appena dieci minuti dall’ingaggio,la torretta del Galilei fu centrata da un preciso colpo
dell’inglese che seminò gravi ferite e morte fra il personale in plancia,fra cui lo stesso Nardi.
Il fuoco nemico si rivelò di micidiale efficacia e precisione,colpendo anche l’armamento del pezzo
di prua dove il comandante in seconda cercava di dirigere il tiro.
Ma il pezzo di prua finì fatalmente per incepparsi mentre un secondo colpo giungeva a segno
sulla già martoriata torretta,seminando ancora morte e distruzione.
Ancora un terzo azzeccato colpo e il Galilei rimase immobile con le macchine ferme,mentre
un’altra unità inglese,il CT KANDAHAR,si univa alla caccia a tutta velocità.
L’unico ufficiale rimasto in vita sebbene ferito, era un Guardiamarina di complemento,senza esperienza
e senza la necessaria lucidità mentale per gestire la drammatica situazione.
In pochi attimi,il Galilei fu affiancato da una squadra d’abbordaggio inglese che catturò il battello
senza colpo ferire e che provvide a rimorchiarlo fin dentro la base di Aden.
Fu opinione comune e concorde che ogni documentazione segreta fosse stata distrutta prima della
cattura,ma non v’è certezza nel merito,dacchè gli inglesi entrarono comunque in possesso degli ordini
di operazioni mettendoli in grado di affondare di li a poco anche il Galvani.
VIRTUDE DUCE COMITAE FORTUNA
Ma fu proprio la fortuna a mancare al Regio Sommergibile GALVANI,ancorchè abbia consegnato alla memoria e ad imperitura gloria,il valore di uomini come Capo Venuti. Come le altre unità in forza a Marisupao,il Galvani prese il mare il 10 Giugno mentre ancora riecheggiavano le veementi parole di Mussolini dal balcone di Palazzo Venezia. La consegna era di raggiungere il golfo di Oman,uno dei gangli vitali del traffico marittimo cisterniero e unico accesso marino al ricchissimo golfo persico.
Si deve presumere che indipendentemente dalle vicende del Galilei e data per assunta l’estrema
importanza del braccio di mare,gli inglesi non abbiano tralasciato nulla per garantire sicurezza
al traffico marittimo ; di sicuro,con l’acquisizione del piano d’operazioni del Galilei ci fu un aumento
del livello di attenzione,conoscendo con estrema precisione la posizione che avrebbe assunto
il Galvani una volta pervenuto in zona d’operazioni.
Quando il 23 Giugno,il Galvani si pose in agguato all’imbocco del golfo di Oman,vi trovò ad
attenderlo la corvetta FALMOUTH che immancabilmente lo avvistò mentre navigava in emersione.
Dato luogo alle procedure di identificazione invano,la corvetta aprì immediatamente il fuoco con il pezzo
da 100 prodiero contro il Galvani che prese subito la rapida per sfuggire al nemico,mentre la corvetta
veniva raggiunta dal CT KIMBERLEY, anch’esso di pattuglia in zona.
Ma la manovra non fu sufficientemente veloce dacchè un primo colpo prese in pieno la
torretta (secondo la relazione del Comandante Spano) ed altri colpi giunsero a segno sia in coperta
sia sulla zona poppiera ancora prossima e visibile alla superficie.
Sempre dalla relazione postuma del comandante Spano,si apprende che fu avvertito un scossone
nella zona poppiera, lasciando presumere che l’unità nemica,tentando lo speronamento,avesse
incocciato nelle strutture e nelle draglie presenti sul copertino del battello.
Fu proprio nel momento in cui la poppa venne centrata da un proiettile del Falmouth,che si
ebbe l’eroico gesto del 2° Capo Silurista Pietro Venuti.
Accortosi della grossa via d’acqua,non esitò a chiudere davanti a sè il portello stagno onde
evitare che i rimanenti compartimenti venissero allagati,consapevole di sacrificare la propria
vita in favore di quella dei suoi compagni.
Questo è l’eroismo più puro,più genuino,quello che costringe a decisioni estreme in momenti
estremi e senza la minima esitazione,con consapevole forza d’animo.
Nonostante il peso dell’acqua imbarcata e dei numerosissimi danni ricevuti,Spano riuscì a controllare il battello evitando che si inabissasse privo di controllo.
Sottoposto a una spietata caccia e al lancio serrato di cariche di profondità,non restò altra
alternativa che dare aria per tutto ed emergere per affrontare il nemico con il cannone.
Ma la manovra,resa difficoltosa dalle molteplici avarie,consentì a mala pena di portare il battello
in affioramento e dare la possibilità di salvarsi a 31 componenti dell’equipaggio,fra cui il Comandante
Spano. Il Galvani prese ad affondare rapidamente trascinando con sè 26 uomini,fra cui Capo Venuti
chiuso nel suo solitario sudario di gloria e al quale venne riconosciuta la MOVM .
Mentre la prua del Galvani si ergeva sulle infauste onde, le unità inglesi provvedevano a mettere in
mare le lance di salvataggio e trarre in salvo ciò che rimaneva dell’equipaggio italiano.
Un prezzo invero salato,pagato da quegli uomini ,in nome di un dovere che ineluttabilmente
tutti i combattenti portarono a compimento in mare,in cielo e in terra.
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